venerdì 18 aprile 2008

Intervista al Portico


Storie di vocazione.
Da chierichetto a Santa Lucia a frate cappuccino.
(di Roberto Maccioni)

Povertà, castità e obbedienza sono valori con cui tutti ci confrontiamo

L’affascinante esperienza di padre Fabrizio Congiu, sacerdote da quasi un anno.
“La confusione e lo sbando non hanno mai soffocato la chiamata di Dio per me”

PADRE FABRIZIO Congiu ha 29 anni. Èstato ordinato sacerdote - sottolinea- “undici mesi fa”. Attualmente vive a Roma nel Collegio Internazionale “San Lorenzo da Brindisi” per la specializzazione in spiritualità nell’Università Antoniana.«La mia storia vocazionale - racconta padre Fabrizio - ha avuto inizio nell’ottobre del 1989 quando facevo il chierichetto nella mia parrocchia di Santa Lucia a Cagliari. Ero un ragazzo molto vispo e attento a quello che mi succedeva intorno. Durante una messa notai che il celebrante pregava costantemente Dio in nome del popolo. Pensai: “o è un pazzo oppure Dio esiste veramente” e in quel momento pregai questo Dio che si facesse vivo nella mia vita. Si fece vivo e avvertii la sua presenza dentro di me con una gioia che mi lasciava sereno. Cominciai a sentirmi come se avessi questa presenza dentro e capii che non era una cosa che dipendeva da me ma ne riconobbi la causa nella preghiera che feci qualche tempo prima. Inseguito a quest’esperienza entrai in seminario minore e lì frequentai la terza media. Più tardi feci alcuni anni fuori, accompagnati da esperienze negative soprattutto a livello affettivo, avendo incontrato un gruppo di amici più grandi di me. Fui iniziato da essi ad avere dei rapporti sbagliati. Questo mi portò a una grossa sofferenza, ma nonostante il mio impegno non riuscii mai a soffocare la chiamata di Dio. A 17 anni rientrai in seminario convinto della mia vocazione sacerdotale ma non troppo convinto di voler diventare sacerdote diocesano: mi vedevo molto fragile e avevo paura di essere abbandonato a me stesso in una vita di solitudine deleteria. Fu allora che conobbi attraverso delle letture la vita di San Francesco e conobbi un frate cappuccino. Il padre spirituale del Seminario prudentemente mi fece attendere, ma dopo due anni entrai in convento. In quegli anni dovetti fare i conti anche con il mio trascorso adolescenziale.
C’è stato un momento in cui in questi annihai detto “basta. Non fa per me, me ne torno a casa”?
Ci sono stati alcuni momenti in cui hodetto “basta, me ne torno a casa!” Ma nonc’è mai stato un momento in cui ho oggettivamentedetto “non fa per me” infattimi sono reso conto che tutto il resto nonfaceva per me.
Povertà, castità e obbedienza: cosa dicono al mondo di oggi?
Sono valori umani che si sintetizzano dalla vita umana di Cristo. Si tratta quindi prima di tutto di un discorso di fede. Tutti, nella vita, dobbiamo fare i conti in un modo o nell’altro con la povertà, la castità e l’obbedienza. In fin dei conti anche i sacrifici quotidiani di uno sposato si possono ricondurre a questi valori naturali della vita umana di Cristo.
Sembra che per le vocazioni maschili sarde ci siano soprattutto due possibilità:Seminario o Cappuccini. Perché?
La scelta per la vita religiosa cappuccina è dovuta sicuramente alla testimonianza dataci dai santi sardi dell’ordine. A ciò si aggiunge la grande popolarità di padre Pio. Possiamo serenamente dire che noi non siamo nient’altro che “nani sulle spalle di giganti”. Può sembrare superficiale, ma ancora è forte la presenza della nostra rivista in molte famiglie. Questo indirettamente permette che ci sia una maggior conoscenza e divulgazione della vita dei Cappuccini. Infine la sensazione che la gente sperimenta in quanto vicinanza: nella storia i Cappuccini sono chiamati “i frati del popolo”.

Lucrezia


Il 7 agosto 2007 una delle gioie più grandi della mia vita ha visto la luce: Lucrezia! Bella, un amore, frutto dell'amore, di un uomo e una donna, di due famiglie, vita, vita della mia vita. Il 9 dicembre l'ho battezzata. Il mio cuore ora è più grande, più spazioso, perchè più ami più puoi amare, e basta guardarla...

Su Scravamentu


Per chi non lo sapesse, in Sardegna è ancora viva la tradizione de Su Scravamentu. Si tratta della rivisitazione in chiave drammatica della deposizione di Cristo. Un gruppo di persone in abiti d'epoca (tendenzialmente rivisti in epoca barocca) pone in scena la deposizione del Cristo morto dalla croce. Il predicatore introduce il dramma con una riflessione sul venerdì santo (giorno in cui generalmente si svolge la paraliturgia) e successivamente accompagna tutti i gesti della deposizione con una lettura spirituale di un ognuno di essi, cercando di far rivivere il momento, presenti anche tutti i personaggi: Maria, la Maddalena, Giuseppe d'Arimatea, Nicodemo, ecc.